14 aprile 2014

[RECENSIONE] Capitan America: The Winter Soldier

Se vi chiedessi di citarmi alcuni film estremamente educativi, il vostro pensiero si rivolgerebbe senz'altro al prodotto di qualche autore premiato dalla critica, a qualche vecchio sceneggiato o a qualche cartone animato pensato per i più piccoli: molto probabilmente non citereste mai un blockbuster fumettone come il secondo episodio della saga di Capitan America.
Beh, sbagliereste di grosso.
Non c'entra la necessità di dare dignità ad un genere che è penetrato così profondamente nell'immaginario collettivo e nemmeno all'eterna esemplificazione della lotta tra il bene e il male, i buoni e i cattivi e via dicendo. Dove stanno, allora i contenuti educativi?
Il film affronta temi che dopo l'11 settembre 2001 sono diventati fondamentali per gli USA e per tutto l'occidente, come il prezzo della libertà, la libertà di espressione e di dissenso e la necessità dello Stato di limitarle per ragioni di sicurezza nazionale. Roba grossa con ripercussioni (vedi il caso recenstissimo NSA - Snowden) globali.
Beh, come viene affrontato tutto questo dalla Marvel con la sua produzione da qualche centinaio di milioni di dollari?
Con la massima indipendenza di pensiero e di giudizio e senza alcuna deferenza verso governo, servizi segreti, esercito e tutti gli altri massimi poteri dello Stato che nel film vengono derisi, criticati, analizzati severamente da un personaggio che dell'America raccontata è più di un simbolo.
Mi piacerebbe molto che anche qui da noi esistesse un coraggio come questo, capace tra l'altro di attrarre questa mole di capitali: invece, per molto meno, vediamo sparire ottimi film come "Il gioiellino" di Molaioli (il tema era il crac della Parmalat) poco distribuito e pubblicizzato senza ragioni apparenti.
Insomma, se mettiamo insieme una trama che sviluppa con coraggio temi attuali, le capacità tecniche della Marvel (compreso un altro fantastico 3D, al pari di The Avengers), attori perfetti con il contributo un po' a sorpresa di Robert Redford, l'ironia sottile della sceneggiatura (con una goduriosa citazione finale da Pulp Fiction), otteniamo una ricetta quasi perfetta e un altro inevitabile successo, che ne richiamerà altri a catena.

Stefano Nicoletti

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