18 aprile 2014

[RECENSIONE] Room 237



Per un secondo, mentre guardavo Room 237, ho pensato a Grand Budapest Hotel e mi sono detto: accidenti! A parte il fatto che sono ambientati tutti e due in un motel, Shining e il film di Wes Anderson hanno altro in comune, per esempio sono due storie di formazione: quella di Danny e di Zero. E raccontano due storie di sangue. Ma questo è un'altro discorso da approfondire in un altro momento.
Semmai c'è da fare un'altra amara considerazione: Room 237 con le sue teorie sul film di Stanley Kubrick è il perfetto contraltare ai ragionamenti mentecatti che si fanno qui.

Rodney Ascher realizza un documentario che fa fatica a stare dentro il genere: raccoglie alcune interpretazioni sulla pellicola basate sull'individuazione di simboli/oggetti ricorrenti. Ecco che nel film si nasconderebbero riferimenti al nazismo e al genocidio degli ebrei (la marca della macchina da scrivere, il numero 1942, o semplicemente 42), al mito del minotauro (il labirinto, il poster dello sciatore), allo sterminio (ancora uno) degli indiani d'america (la scritta calumet nei barattoli), fino a quelli legati al presunto falso allunaggio di Armstrong e compagnia bella diretto da Kubrick in gran segreto e fatto passare al mondo intero per vero (la stanza 237, il maglioncino di Danny).
Teorie per qualcuno azzardate, magari addirittura risibili per come sono articolate e complicate. Per l'importanza che dànno a simboli e numeri sono interpretazioni che hanno un non so che di massonico, complottistico, paranoico. Qui addirittura gli errori di continuity si vogliono voluti per nascondere un messaggio nascosto. Dietro tutte le teorie alla fine emerge il rispetto per il film e la passione per il cinema di Ascher. Il suo in fin dei conti è un gioco rispettoso che non ha paura di prendersi la responsabilità di ciò che va dicendo. Un coraggio che andrebbe apprezzato da chi fa o prova a fare lo stesso mestiere. Anche perché ripensando a Room 237 e a Grand Budapest Hotel mi viene un'altra considerazione profondissima: secondo una teoria, il passaggio di Danny dal mondo dell'infanzia a quello della maturazione è rappresentato anche dall'adesivo di Cucciolo. Partendo da questo, c'è in Grand Budapest Hotel qualcosa di simile? Il momento preciso in cui Zero matura?

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