In fondo Poltergeist è solo la storia di una famiglia che si trasferisce in una casa infestata da spiriti maligni che gli rapiscono la figlioletta. La versione di Steven Spielberg e Tobe Hooper si inventò l'albero, il clown e la televisione da dove arriva flebile la vocina di Carol-Anne. Il remake di Sam Raimi e Gil Kenan li ripropone come è giusto che sia. Forse. Il pupazzo era addirittura già nei trailer, come a dire: tranquilli. E io mi agito.
Mi agito perché quando si allontana dal vecchio film non ha neanche delle brutte idee. Quella più interessante è con il drone che entra nell'altra dimensione e lo riprende alla ricerca della rapita Madison (Kennedi Clements). Talmente assurda, talmente irreale -persino per un horror- da risultare efficace. È una scena che funziona visivamente. In film come questo ci importa poco dei personaggi, inutile prenderci in giro, anche perché diamo per scontato che si salveranno tutti. Quello che vogliamo sono i salti dalla sedia, gli effetti speciali, una visione magnifica. Da questo punto di vista c'è poca roba, ma quella poca è fatta bene. Penso a l'ombra di Madison che appare e scompare accompagnata da un suo grido di spavento. Già la mano dell'albero che prende Griffin (Kyle Catlett) e l'allucinazione di Sam Rockwell sulla sua faccia le abbiamo già viste e non aggiungono niente di nuovo. E allora mi agito. Ma forse chiedo troppo perché per il mio spirito non dovevano esserci neanche l'albero e il clown, animati con l'odiosa CGI. Mi agito perché vedo che come al solito "il ragazzo è intelligente ma si applica poco.". E mi agito ancor di più se vedo altre riletture socio-economiche interessanti nella figura del capofamiglia. Qui è un disoccupato che non può permettersi di dare alla sua famiglia una sistemazione migliore. Come a dire che la crisi economica, prima responsabile di una speculazione edilizia e poi del licenziamento di Eric, costretto a trasferirsi lì perché altri posti sono al di fuori delle sue possibilità , genera mostri (del rancore e della vendetta). Una variazione che ci sta e che ci piace. Ma chi scrive passa dalla prima persona singolare a quella plurale con molta facilità . Da Poltergeist si esce con la classica espressione da "embè?" che lasciano i prodotti ben fatti ma spudoratamente furbetti. Non del tutto impersonali ma poco volenterosi di osare. Più che il regista e gli sceneggiatori qui è da prendersela innanzitutto con chi ha voluto e prodotto il film: la Ghost House di Raimi e la MGM per prime.
Mi agito perché quando si allontana dal vecchio film non ha neanche delle brutte idee. Quella più interessante è con il drone che entra nell'altra dimensione e lo riprende alla ricerca della rapita Madison (Kennedi Clements). Talmente assurda, talmente irreale -persino per un horror- da risultare efficace. È una scena che funziona visivamente. In film come questo ci importa poco dei personaggi, inutile prenderci in giro, anche perché diamo per scontato che si salveranno tutti. Quello che vogliamo sono i salti dalla sedia, gli effetti speciali, una visione magnifica. Da questo punto di vista c'è poca roba, ma quella poca è fatta bene. Penso a l'ombra di Madison che appare e scompare accompagnata da un suo grido di spavento. Già la mano dell'albero che prende Griffin (Kyle Catlett) e l'allucinazione di Sam Rockwell sulla sua faccia le abbiamo già viste e non aggiungono niente di nuovo. E allora mi agito. Ma forse chiedo troppo perché per il mio spirito non dovevano esserci neanche l'albero e il clown, animati con l'odiosa CGI. Mi agito perché vedo che come al solito "il ragazzo è intelligente ma si applica poco.". E mi agito ancor di più se vedo altre riletture socio-economiche interessanti nella figura del capofamiglia. Qui è un disoccupato che non può permettersi di dare alla sua famiglia una sistemazione migliore. Come a dire che la crisi economica, prima responsabile di una speculazione edilizia e poi del licenziamento di Eric, costretto a trasferirsi lì perché altri posti sono al di fuori delle sue possibilità , genera mostri (del rancore e della vendetta). Una variazione che ci sta e che ci piace. Ma chi scrive passa dalla prima persona singolare a quella plurale con molta facilità . Da Poltergeist si esce con la classica espressione da "embè?" che lasciano i prodotti ben fatti ma spudoratamente furbetti. Non del tutto impersonali ma poco volenterosi di osare. Più che il regista e gli sceneggiatori qui è da prendersela innanzitutto con chi ha voluto e prodotto il film: la Ghost House di Raimi e la MGM per prime.
Embé? è l'esclamazione giusta. L'inutilità fatta a film.
RispondiElimina