L'esordio dietro la macchina da presa dello sceneggiatore Alex Garland ci vuole dire che l'uomo deve imparare a stare al proprio posto, perché l'unico vero limite che ha è quello di ostinarsi a voler superare a tutti i costi quella linea immaginaria, ad alzare l'asticella sempre più. Deve imparare a volare basso e a togliersi dalla testa ambizioni creative. Detto in parole più semplici l'uomo che gioca a fare Dio crea solo casini.
In Ex Machina siamo dalle parti della fantascienza, con il ricchissimo inventore Nathan (Oscar Isaac) che invita nella sua nascosta villa super tecnologica Caleb (Domhnall Gleeson), un suo dipendente programmatore. Lo scopo è quello di fargli testare per una settimana la sua ultima invenzione: un cyborg senziente dall'aspetto femminile da lui battezzato Ava (Alicia Vikander).
La situazione gradualmente si complicherà , con Caleb sempre più confuso perché, anche dalla sua attrazione per Ava, nasce in lui la paranoia.
Un'attrazione da intendere non solo da un punto di vista sessuale (lui è un nerd!) ma anche empatico (perché comunque è una persona sensibile e tutto il resto). La scena in cui si taglia un braccio con una lametta da barba non è per togliersi la vita ma per controllare se tante le volte anche lui non fosse un robot inconsapevole alla Blade Runner. Inizialmente il dubbio (mi)viene ma per il personaggio di Nathan: robot in combutta con Ava per fare esperimenti sull'umano Caleb. Niente di tutto questo accade. Le manovre segrete ci sono da parte di tutti e tre i personaggi e verranno tutte a galla fino a quel finale spiazzante, inaspettato, dai contorni paranoici quasi apocalittici per ribadire il concetto che l'uomo che con le scienze emula Dio finisce male (perché morto o distrutto dai sensi di colpa) trascinando con sé anche tanti poveri innocenti, come insegna Robert Oppenheimer.
Nessun commento:
Posta un commento