SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER.
Be' insomma, come al solito alla fine si esce dalla sala con la sensazione che un po' siamo delusi. Sarà che è da due anni che si parla di The Green Inferno, dei riferimenti al film di Deodato, dei problemi distributivi solo da poco risolti, che questa attesa alla fine, come sempre capita per certi film, non viene soddisfatta del tutto dal prodotto finale.
Eli Roth innanzitutto è un gran furbastro. Ma questo non lo scopro di certo io per primo, né tantomeno adesso. Ma è un furbastro con alcune buone idee per la capoccia. Idee nichiliste in cui il mondo va a rotoli e non ci si può fidare di nessuno, un mondo che costringe anche i puri a sporcarsi le mani trasformandoli in mostri. E sto parlando ovviamente dei due protagonisti del film, Justine (Lorenza Izzo) e Alejandro (Ariel Levy). Lo si capisce fin da subito, dalle scene iniziali nel campus universitario, che saranno loro nel bene e nel male, anzi il bene ed il male (del mondo occidentale), ad emergere dal gruppo di studenti attivisti e ad arrivare per ultimi nel conteggio delle morti. Se la giocano alla fine, un po' per culo, un po' per destino (c'è una grossa differenza) e un po' per paraculaggine, di Alejandro e di Roth e dei suoi doveri drammaturgici: per far "lottare" fino alla fine lo stronzo manipolatore arrivista e la pura.
Gli altri del gruppo, tutti innocenti come la preselta, muoiono nei modi più atroci. Ma non aspettatevi chissà quali effetti ultra splatter. Ci sono, imparagonabili per dettagli e lunghezza a quelli nostri del periodo d'oro, ma non così tanti come magari uno ci si aspetta da un cannibal movie diretto da Eli Roth, e avendo poi a disposizione il rinomato duo Berger e Nicotero. Anche perché, ed ecco che Roth dimostra di sapere il fatto suo, mostrare troppo in questi casi (e per molti motivi) sarebbe sbagliato. Fa vedere ma fino a un certo punto, aumentando così ancora di più la tensione. E soprattutto, lo dico per gli animalisti, non ci sono animali torturati nel film come accadeva nei cannibal movie italiani, neanche per finta.
Purtroppo il nichilista e 'spettatore io ti ho fregato' Eli Roth è americano e quindi ogni tanto tende a cazzeggiare oltremodo. La cagata di una di loro davanti a tutti con i bambini della tribù di indios che ridono per la puzza, la sega che Alejandro si spara sempre davanti a tutti per allentare la tensione e, peggio di tutte, gli indios che si sballano con la maria prima ridendo e poi mangiandosi uno dei ragazzi a crudo non credo che contribuiscano a migliorare il film né da un punto di vista sensoriale né tantomeno concettuale. Anche perché Eli Roth non è John Waters.
The Green Inferno c'ha poi quel colpo di coda finale, a titoli (di coda, per l'appunto) iniziati, che sicuramente aumenta di mezzo punto il tiepido giudizio globale. Ma nel mondo che viviamo, e per quel poco che lo conosco io, potrebbe significare tranquillamente sequel.
Per prima cosa però ci guarderemo la Izzo bastarda pura nel prossimo Knock Knock, sempre diretta da suo marito Eli Roth.
Be' insomma, come al solito alla fine si esce dalla sala con la sensazione che un po' siamo delusi. Sarà che è da due anni che si parla di The Green Inferno, dei riferimenti al film di Deodato, dei problemi distributivi solo da poco risolti, che questa attesa alla fine, come sempre capita per certi film, non viene soddisfatta del tutto dal prodotto finale.
Eli Roth innanzitutto è un gran furbastro. Ma questo non lo scopro di certo io per primo, né tantomeno adesso. Ma è un furbastro con alcune buone idee per la capoccia. Idee nichiliste in cui il mondo va a rotoli e non ci si può fidare di nessuno, un mondo che costringe anche i puri a sporcarsi le mani trasformandoli in mostri. E sto parlando ovviamente dei due protagonisti del film, Justine (Lorenza Izzo) e Alejandro (Ariel Levy). Lo si capisce fin da subito, dalle scene iniziali nel campus universitario, che saranno loro nel bene e nel male, anzi il bene ed il male (del mondo occidentale), ad emergere dal gruppo di studenti attivisti e ad arrivare per ultimi nel conteggio delle morti. Se la giocano alla fine, un po' per culo, un po' per destino (c'è una grossa differenza) e un po' per paraculaggine, di Alejandro e di Roth e dei suoi doveri drammaturgici: per far "lottare" fino alla fine lo stronzo manipolatore arrivista e la pura.
Gli altri del gruppo, tutti innocenti come la preselta, muoiono nei modi più atroci. Ma non aspettatevi chissà quali effetti ultra splatter. Ci sono, imparagonabili per dettagli e lunghezza a quelli nostri del periodo d'oro, ma non così tanti come magari uno ci si aspetta da un cannibal movie diretto da Eli Roth, e avendo poi a disposizione il rinomato duo Berger e Nicotero. Anche perché, ed ecco che Roth dimostra di sapere il fatto suo, mostrare troppo in questi casi (e per molti motivi) sarebbe sbagliato. Fa vedere ma fino a un certo punto, aumentando così ancora di più la tensione. E soprattutto, lo dico per gli animalisti, non ci sono animali torturati nel film come accadeva nei cannibal movie italiani, neanche per finta.
Purtroppo il nichilista e 'spettatore io ti ho fregato' Eli Roth è americano e quindi ogni tanto tende a cazzeggiare oltremodo. La cagata di una di loro davanti a tutti con i bambini della tribù di indios che ridono per la puzza, la sega che Alejandro si spara sempre davanti a tutti per allentare la tensione e, peggio di tutte, gli indios che si sballano con la maria prima ridendo e poi mangiandosi uno dei ragazzi a crudo non credo che contribuiscano a migliorare il film né da un punto di vista sensoriale né tantomeno concettuale. Anche perché Eli Roth non è John Waters.
The Green Inferno c'ha poi quel colpo di coda finale, a titoli (di coda, per l'appunto) iniziati, che sicuramente aumenta di mezzo punto il tiepido giudizio globale. Ma nel mondo che viviamo, e per quel poco che lo conosco io, potrebbe significare tranquillamente sequel.
Per prima cosa però ci guarderemo la Izzo bastarda pura nel prossimo Knock Knock, sempre diretta da suo marito Eli Roth.
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