21 aprile 2016

[RECENSIONE] Frankenstein (2015)

Tutti i mostri della vecchia scuola/generazione hanno almeno una di queste caratteristiche: sono mostri emarginati dalla società, male accettano la loro condizione di mostri, soprattutto perché vengono mal visti dalle persone normali.
Mi riferisco ai mostri della Universal ma anche a quelli precedenti del periodo espressionista tedesco come Cesare di Caligari.
Li chiamiamo classici ma non hanno niente di classico, sono al contrario romantici proprio per questi temi ricorrenti dell'isolamento, della follia e dell'emarginazione. Se volete approfondire l'argomento tra classico e romantico vi rimando al fondamentale "Astrazione e Empatia" di Wilhelm Worringer.
Il mostro di Frankenstein rientra perfettamente tra i mostri romantici. Forse tra tutti quanti è quello che meglio esprime la difficile condizione dell'essere mostro. Il suo creatore Victor non viene mai, o quasi mai, toccato dalla folla inferocita. La follia della folla si riversa tutta contro l'innocente creatura, violenta senza cattiveria o solo per difesa e rabbia.

Bernard Rose, regista di Candyman, porta la storia del mostro ai giorni nostri.
Niente assemblaggio di parti anatomiche umane con ago e filo, niente scariche elettriche e temporali. La creatura (Xavier Samuel) viene creata dal nulla utilizzando una impersonale stampante 3D. Il risultato sembra buono ma dopo un po' compare un tumore della pelle che andrà sempre più peggiorando. Per i suoi creatori-genitori (Danny Huston, Carrie-Anne Moss) non resta che uccidere il loro errore che però scappa per intraprendere il viaggio personale alla ricerca della sua identità e del suo posto nel mondo.
Incontra la bambina del lago, il cieco mentore (Tony Todd) che gli insegna nuove parole e lo introduce ai vizi e ai piaceri della vita: sigarette, alcol, sesso. Quel poco di umanità che trova e riceve è destinata a durare poco perché lo scopo del suo viaggio e della sua presa di coscienza deve concludersi obbligatoriamente con il ritorno a casa, con il regolamento di conti con chi lo ha creato condannandolo alla sofferenza.
"Mostro" diventa "Adam" giusto per ricevere il colpo di grazia, per sentirsi definitivamente fuori posto in questo non paradiso terrestre e compiere il suo triste destino.
È interessante Frankenstein di Bernard Rose e riesce nel non facile tentativo di farci immedesimare nel mostro. Non tanto perché è tutto raccontato dalla creatura.
Condividiamo la sua condizione quando i due tutori della giustizia lo picchieranno indisturbati, addirittura annullando i classici ruoli del poliziotto buono e del poliziotto cattivo, quando neanche il cane randagio sarà più con lui, quando la madre-creatrice Marie farà finta di non riconoscerlo, quando la prostituta (Maya Erskine) lo vede nudo completamente ricoperto di piaghe (e senza cacchio, citando gli elii) e si spaventa.
Rispetto a Victor: La Storia Segreta del Dottor Frankenstein Ã¨ decisamente meno furbetto e più sinceramente partecipe dei dolori del povero cristo che ha conosciuto solo odio e niente amore.
Peccato che il film non lo abbia considerato praticamente nessuno, a parte -e ci mancherebbe- i festival specializzati. Paradossalmente uno dei pochissimi paesi dove è uscito nelle sale è il nostro.

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