11 agosto 2014

[RECENSIONE] CHA CHA CHA

Il giallo è morto, viva il giallo.
Mentre la mia tribù dorme il sonno dei vacanzieri giusti, io me ne sto qui sul divano, con il ventilatore a soffitto che mi regala qualche carezza di frescura apparente. Intanto, scorro col telecomando la lista dei film sempre disponibili sulla paytv.
Li spulcio tutti, perché a quest'ora la stanchezza gioca contro e mi potrei tranquillamente perdere qualcosa di interessante.
Quando apro la scheda di Cha cha cha mi si accavallano un po' di pensieri: Risi alla prese con quello che sembrerebbe un giallo classico; Argentero che esce dalla commedia per un ruolo in cui Ã¨ tutto da vedere; la Herzigova, poi, che al cinema non me la ricordo proprio.
So bene di aver già deciso di vederlo: anzi, ha già deciso per me la passione per il giallo all'italiana che mi perseguita da anni (a proposito, prendo un altro effimero appunto mentale: ho di nuovo dimenticato di ordinare il DVD di La donna del lago di Bazzoni).
Così, quando i led gialli del decoder cominciano la loro danza e danno il via ai titoli, sono sì contento di assistere a un nuovo tentativo di riesumare il genere, ma mi chiedo anche cosa potrà aggiungere questo film a quanto già fatto in passato.
Beh, la prima soddisfazione arriva dalla confezione: ci sono le atmosfere di una Roma distratta e distante e una fotografia fatta di ombre che abitano gli angoli scuri delle facce, delle stanze, delle strade. Poi, con il primo dipanarsi delle vicende, arriva anche la consapevolezza di una storia costruita anch'essa con ombre destinate a condensarsi lentamente fino a diventare liquide, color del sangue.
Combinazioni talmente giuste da essere in alcuni momenti affascinanti e allora sto qui, che alla fine il ventilatore è un ottimo surrogato dell'aria condizionata, che c'è una volta tanto tutta la calma che serve e che alla fine la Herzigova è pure una brava attrice e Argentero fa il suo mestiere nell'impersonare il duro, buono, eroe.
Mi godo anche i camei macchiettistici che sono sempre sottovalutati, per quanto mi riguarda, nel creare le atmosfere giuste. Su tutti, quel Bebo Storti che nel bianco abbagliante dei suoi uffici setaccia l'aria in cerca di frequenze da spiare: lì, nel suo mondo, tutto è trasparente.
Alla fine, rimane poco da criticare seriamente e allora lasciamo perdere: in fondo gli elementi ci sono tutti, analisi sociale compresa, e sono ben amalgamati, molto meglio che nel 95% dei prodotti fotocopia che arriva puntualmente da oltreoceano o da Oltralpe: c'è anche il finale tra il divertito e il surreale (sul tema del "Cha cha cha"), che ci riporta proprio a un filone del giallo tipico degli anni '70.
Ultima considerazione sul tema della critica sociale, perché mi viene da chiedermi se non sia proprio il giallo a dover occupare un posto di rilievo nel farci riflettere sul mondo caotico e complesso che viviamo quotidianamente e sul riportarci alla mente tutte le zone d'ombra che fingiamo di non conoscere, fuori e dentro di noi.
Ora è il mio turno di tornare tra le ombre, soddisfatto, per addormentarmi al ritmo del respiro di chi mi ha preceduto.

Cha cha cha è stato purtroppo l'ultimo film di Marco Onorato, direttore della fotografia di talento, già apprezzato in altri film di Risi e di Matteo Garrone.

Nessun commento:

Posta un commento