08 settembre 2014

[RECENSIONE] Liberaci dal male

Devo iniziare a fare luce su un mistero per me davvero inspiegabile: voglio dedicare da oggi in poi una parte della mia vita a capire il perché del successo di Scott Derrickson. Già Sinister mi aveva annoiato a morte ma paragonato a Liberaci dal male pare un capolavoro.
È tutto sbagliato nel suo nuovo film, tutto o quasi tutto e quel poco che si salva sono accenni di idee che non vengono sviluppate come avrebbero meritato. E sto parlando dei rumori sinistri che la piccola Christina (Lulu Wilson) sente improvvisamente nella sua cameretta, suoni provocati in qualche modo dal padre poliziotto Eric Bana che da tutt'altra parte (del quartiere del Bronx) scartavetra pareti che lo porteranno alla scoperta della verità. Questo solo mi ha colpito positivamente e poco altro, il resto è quanto di più scontato si possa immaginare in un film in cui ci sono due poliziotti, uno più esperto, l'altro più giovane (Joel McHale), al centro di una vicenda demoniaca che sta facendo impazzire popolazione e forze dell'ordine. Pian pianino il poliziotto ateo si convince che dietro c'è qualcosa di non umano e allora chiede aiuto ad un prete esorcista (Édgar Ramírez) dai comportamenti e dal look poco canonici. Ed è questo il personaggio che funziona di meno: Ramírez come esorcista non è credibile nemmeno di striscio e neanche come ex tossico convince. La complicità, la nascita dell'amicizia del prete con lo sbirro Sarchie, la classica regola secondo la quale gli opposti si attraggono non è credibile ma il fondo della retorica hollywoodiana del rapporto tra i due si tocca quando Sarchie confessa i suoi peccati al nuovo amico.
Se poi pensiamo che si tratta di una storia vera, Sarchie ha addirittura lasciato la polizia dopo l'avventura raccontata nel film per dedicarsi a tempo pieno all'occulto insieme a padre Mendoza, si resta, si dovrebbe, ancora più perplessi.
Tutta la parte dell'esorcismo a Santino funziona solo grazie all'interpretazione di Sean Harris. Un giusto e analogo riconoscimento lo dobbiamo anche ad Olivia Horton, l'infanticida posseduta che Santino manovra a distanza. Per il resto, anche qui, c'è solo un già visto e stravisto come quando Mendoza spiega all'apprendista esorcista le varie regole e fasi dell'esorcismo ma a un certo punto, come da programma, i ruoli si invertono e sarà Sarchie a cazziare il navigato prete caduto vittima degli inganni e delle provocazioni del male. Perché Sarchie è l'eletto, lo è sempre stato, non lo sapeva ma adesso lo sa. E quando è troppo è troppo. Maledizione!
Aspettiamoci dei sequel.


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