17 settembre 2014

[RECENSIONE] The Giver - Il mondo di Jonas

Quando il viaggio di un eroe si trasforma in un viaggio nella banalità più sconcertante si potrebbe restare delusi, ma non è possibile esserlo con un film come The Giver - Il mondo di Jonas perché aspettarsi un gran risultato artistico da un'operazione puramente commerciale come questa è da fessi.
Peccato perché le storie di fantascienza distopica hanno un potenziale incredibile che Hollywwod appiattisce e riduce sempre alla solita pappetta insipida da ospizio o da Mc Donald.
L'eroe, Jonas, quello destinato a cambiare il mondo, a ridargli colore, memoria, sentimenti, diversità e bla bla bla, il salvatore giovane e bello, lo capirebbe anche un sasso o l'animalaccio lì sotto nascosto che scappa quando lo alzi da terra che arriverà alla fine della storia sano e salvo.
In The Giver però è il tutto, la somma di tutto, a far straripare la melassa. Ed è un peccato perché anche qui ci sono delle buone idee che non vengono sviluppate per far posto alle situazioni facili.
Per esempio l'uso dei medicinali obbligatorio per tutti, sin dalla nascita, per tenere a freno i sentimenti è una idea interessante, da fantascienza distopica, appunto. Gli si dà la minima importanza, perché è grazie a quell'utilizzo se gli abitanti del mondo di Jonas vedono in bianco e nero, ma non viene approfondita. Anche l'altra idea, questa ancora più centrale, di una memoria del passato fatta di troppe violenze e perciò volutamente tenuta nascosta a tutti, tranne ai raccoglitori di memoria, non è male. Così come l'uccidere senza rimorsi perché privati della pietà, del rimorso, dello stesso concetto di morte e di dolore.
Poi, per carità, a voler essere giusti The Giver non è un brutto film: è girato bene, e ci mancherebbe anche, visto che dietro la mdp c'è Phillip Noyce, e interpretato da giuste facce giovani (Brenton Thwaites, Odeya Rush, Cameron Monaghan) e bravi attori navigati come Jeff Bridges e Meryl Streep.
Però è tutto troppo sfacciato: una storia su una ritrovata libertà perduta raccontata eliminando la creatività, o meglio, relegandola in un angolino in modo da non infastidire il torpore del pubblico coi popcorn, la dice lunga su questa paracula operazione che mostra anche, a un certo punto, il crollo del muro di Berlino, il carro armato di piazza Tienanmen e il morto ancora caldo Nelson Mandela.



Nessun commento:

Posta un commento