13 maggio 2015

[RECENSIONE] The Gunman

Terrier (Sean Penn) vive con Annie (Jasmine Trinca) in Congo. Lei è un medico che aiuta la popolazione martoriata dalla guerra civile, lui lavora per una onlus. Ufficialmente, perché in realtà è il tiratore designato di uccide il ministro delle miniere, compito che svolge e che lo costringe a sparire abbandonando senza preavviso anche la sua donna. Otto anni dopo, tornato in Congo, subisce un attentato legato all'assassinio del politico. Per salvarsi la pelle dovrà ricontattare i suoi vecchi colleghi, uno dei quali (Javier Bardem) gli ha soffiato la sua amata Annie, e risalire a chi lo vuole eliminare. Ovvio che chi lo vuole morto si nasconde tra gli ex colleghi (tutti -chi più chi meno- arricchiti grazie ad intrallazzi moralmente discutibili con le multinazionali), che li farà fuori tutti, nonostante le forti emicranie ogni volta che si accende la violenza, nonostante sia praticamente solo, a parte l'aiuto concreto di Stanley (Ray Winstone), nonostante parta svantaggiato in mille modi li farà secchi uno ad uno, perché lui è nel giusto ed ama ancora la sua indifesa Annie.
Ovvio, appunto, e dunque molto scontato. Così si può definire in poche parole The Gunman di Pierre Morel. Strano perché la base di partenza è Posizione di Tiro: un romanzo del grande Jean-Patrick Manchette, uno dei maestri del noir francese, che non abbiamo letto ma sulla fiducia riteniamo diverso. Romanzo adattato da Don MacPherson, Pete Travis (regista del remake di Dredd) e lo stesso palestratissimo Sean Penn che è anche produttore della pellicola. Alla fine pare di assistere ad uno di quei film alla Stallone-Schwarzenegger dei tempi d'oro, o peggio ad un Venerdì 13 dove in men che non si dica si perde il conto dei morti ammazzati nei modi sempre più ingegnosi, cosa che può gasare o irritare. Da queste parti ha prevalso più la seconda.



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